Sarebbe straordinario intervistare una persona vissuta qui un secolo fa e domandarle che tipo di prodotti si consumavano quotidianamente. La grande distribuzione ha fatto il suo debutto durante la fase acuta dello sviluppo industriale del Paese, parliamo quindi della seconda metà del novecento, fino ad allora i pasti erano perlopiù costituiti da prodotti offerti dai campi e privi di processi di lavorazione. La polenta, ottenuta oggi come all’epoca con farina di mais, costituiva il più delle volte il pasto principale: pranzo, cena e anche colazione per la mattina seguente. A seguire c’era il latte, di mucca o di capra, utilizzato per minestre o nella produzione di formaggio. La carne non era alla portata di tutti, i boschi e i cieli offrivano selvaggina, per chi aveva i mezzi per poterla cacciare, mentre il maiale era una risorsa importante in tutte le famiglie. I fiumi non rappresentavano una risorsa infinita; occorre pensare che durante i mesi autunnali e invernali erano coperti da neve e ghiaccio, a primavera le frequenti brentane non risparmiavano il pescato, è presumibile pensare che il lago fosse in grado di offrire qualcosa in più. Era diffuso l’allevamento del bestiame, perlopiù ovini ma anche razze bovine, e i numerosi Tabià sparsi nel territorio sono una fedele testimonianza in quanto servivano come deposito di foraggio per il nutrimento dei capi durante l’inverno. Durante gli inverni la verdura più consumata era sicuramente la patata, raccolta sulla fine dell’estate e conservata in cantina o in un luogo asciutto; rappresentava una preziosa risorsa per superare inverni rigidi e un importante fonte di nutrimento.